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Violenza sulle donne e le vittime “dimenticate”, Sulpizio smorza: “Gesto di riguardo non forzare, ma pronti ad ascoltare"

Isabella Martello e Fabiola Bacci, rispettivamente sorella di Anna Carlini e madre di Jennifer Sterlecchini scrivono una lettera dura all'amministrazione lamentando il mancato ricordo di cinque donne uccise anche da chi diceva di amarle, l'assessore comunale interviene e spiega le ragioni difendendo l'impegno profuso per sensibilizzare al tema

Violenza donne (foto generica d'archivio)

Da una parte Fabiola Bacci e Isabella Martello, rispettivamente madre di Jennifer Sterlecchini e sorella di Anna Carlini. Dall'altra l'amministrazione comunale e gli eventi organizzati per sensibilizzare al tema della violenza sulle donne. Nel mezzo la denuncia delle due donne perché nel ricco programma di Jennifer e di Anna, così come altre vittime di femminicidio, non c'è traccia.

Due nomi in realtà difficili da dimenticare. Jennifer è stata uccisa con 17 coltellate l'ex fidanzato condannato a 30 anni di reclusione con sentenza definitiva. Anna è stata lasciata morire sotto il tunnel della stazione ferroviari: fatale per lei il mix di farmaci e alcol e quella terribile notte passata con i due uomini ora condannati in via definitiva uno per violenza sessuale ed omissione di soccorso e l'altro per il secondo dei due reati. A dimenticarle sarebbe stata proprio l'amministrazione comunale, denunciano oggi Fabiola e Isabella. A dimenticare Jennifer e Anna, ma anche Monia Di Domenico uccisa da un'affittuario e di Marina Angrilli e sua figlia, la piccola Ludovica uccise dal marito e padre che si lanciò da quello stesso cavalcavia da cui poche ore prima aveva buttato giù proprio la bambina.

Fabiola e Isabella avrebbero voluto che almeno un pensiero a queste cinque donne fosse rivolto e che se lo scopo è sensibilizzare forse proprio chi un dolore così grande se lo porta dentro avrebbe potuto testimoniarlo: “avete cinque vite a cui chiedere e sensibilizzare - scrivono nella lettera inviata sia alla stampa che ai vertici dell'amministrazione -: avevate decine tra familiari e amici che potessero portare testimonianze vere, moniti autentici, lasciti indelebili”. “Sia chiaro a tutti che nessuno di noi voleva gesti eclatanti e riflettori, applausi o dediche – aggiungono sottolineando che per inviti ormai è troppo tardi -, ma essere dignitosamente ricordate quello sì. Almeno una volta all’anno, almeno due ore nei 17 giorni dettagliatamente organizzati”.

Una denuncia forte che l'assessore comunale Adelchi Sulpizio cerca di attenuare parlandone a IlPescara. Una “formalità” per lui invitare i parenti delle vittime di femminicidio agli eventi organizzati come a dire che le porte in occasione così sono sempre aperte. Si dice “sconcertato e addolorato” per quanto letto assicurando che nessuna vittima di femminicidio è stata dimenticata e che lui stesso, da amministratore, ha seguito da vicino le vicende. Nel ribadire che le giornate organizzate con tutte le associazioni nell'ambito della campagna “#365 giorni all'anno-no violenza contro le donne” hanno uno scopo divulgativo e di sensibilizzazione soprattutto verso i giovani e nel ricordare che l'amministrazione “sta facendo tantissimo, grazie alla associazioni presenti sul territorio, per tutelare le donne vittime di violenza e ha attivato anche il Cam, il Centro ascolto maltrattanti, che è un innovativo strumento che affronta il disagio e offre nuove soluzioni”, Sulpizio aggiunge: “rivolgo un pensiero speciale a tutti i familiari delle vittime di femminicidio, ho grande rispetto per le loro ferite, mi farebbe piacere se partecipassero a questi eventi e, nel caso, volessero raccontarci la loro sofferenza e soprattutto darci qualche suggerimento. Ma spetta a loro fare questa scelta, in questo senso il nostro riguardo nei loro confronti era ed è dovuto”.

Da una parte, dunque, una mamma e una sorella che un gesto seppur formale non nascondono che lo avrebbero apprezzato. Dall'altra chi quel gesto fa sapere di non averlo compiuto per questioni di pudore. Nel mezzo le vittime di femminicidio che restano le voci più autentiche di un fenomeno sociale che esiste e che tutti abbiamo la responsabilità di contrastare. Per farlo non serve un palcoscenico: basta il coraggio di ascoltarle che sia in pubblico oppure no. 


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